Risarcimento da 4 a 24 mensilità per chi ha subito abuso dei contratti a tempo determinato

31.10.2024

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Salva infrazioni DL 16 settemre 2024 n. 131: Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano (24G00149) (GU Serie Generale n.217 del 16-09-2024) ci sono importanti novità per l'abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato "Nella specifica ipotesi di danno conseguente all'abuso nell'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un'indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto".

Hanno diritto al risarcimento da parte del MIM tutti i precari storici della scuola che abbiano subito un abuso dei contratti di lavoro a tempo determinato, compreso tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità. Il ricorso è gratuito, ad eccezione del contributo unificato, da cui sono e senti coloro che hanno un reddito familiare inferiore a 38.514€.

Il tribunale di Cuneo condanna il Ministero per l'abuso dei contratti a termine nel pubblico impiego

Secondo la Commissione europea, che ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per l'utilizzo di contratti a tempo determinato in modo abusivo e discriminatorio (perché ci sono state una serie di successioni di contratti a tempo determinato a danno del personale scolastico pubblico italiano, discriminando quindi i docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto alla progressione salariale), l'Italia non disponde delle norme necessarie per vietare la discriminazione in relazione alle condizioni di lavoro e all'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato.

La successione di contratti di lavoro a tempo determinato e la conseguente progressione salariale incrementata basata sul periodo di servizio precedente, è una violazione del diritto dell'Ue in materia di lavoro a tempo determinato.

È il caso del Tribunale di Cuneo con sentenza n. 427/2024 che condanna il Ministero dell'istruzione e del merito al risarcimento del danno per abusiva reiterazione dei contratti a termine nei confronti di un insegnante di religione cattolica a fronte dell'art. 66 V co. D.lgs. 165/2001:

1. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3 del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina.

2. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

Come disposto dalla normativa, dunque, il giudice ha facoltà di stabilire un'indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il Ministero dell'istruzione e del merito in questo caso è stato condannato al risarcimento del danno in misura pari a una mensilità della ultima retribuzione per ogni anno di abusiva reiterazione del contratto e cioè, avendo il lavoratore svolto incarico di docenza atempo determinato dall'anno scolastico 2003-2004 fino al 2023-2024, il risarcimento del danno va calcolato sulla misura di diciotto mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento, ossia 2.938,54€.